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giovedì 16 febbraio 2012

Progetti con le scuole. Laboratorio di magnetismo ed elettricità per le terze medie. N° 7

Cenni storici 2. Passi da giganti.
Dopo il 1820, anno che ha sancito l’unione tra le due scienze dell’elettricità e del magnetismo ad opera di HansChristian Ørsted, altri importanti studiosi hanno fatto fare passi da gigante a quella scienza che ormai possiamo chiamare elettromagnetismo.
Tra i più importanti ci sono Michael Faraday (1791-1867), Joseph Henry (1797-1878), James Clerk Maxwell (1831-1879), Oliver Heaviside (1850-1925), H. A. Lorenz (1853-1928), Heinrich Hertz (1857-1894), Guglielmo Marconi (1874-1937).
Ai primi due dobbiamo una scoperta importantissima oggi conosciuta come LEGGE DELL’INDUZIONE DI FARADAY. 



Proviamo a ripetere l’esperimento. Si collega un amperometro (nel nostro caso usiamo un comune tester o multimetro analogico) 

Tester o multimetro analogico utilizzato per l'esperimento.

a una serie di spire di filo di rame arrotolate su un tubo di plastica,

Spire di rame attorno ad un tubicino di plastica. I fili di rame sono smaltati, tranne che nei tratti finali per ottenere i collegamenti.

Colleghiamo il tester con le spire di rame mediante dei cavetti, per esempio con cavetti di questo tipo

Fili di rame con pinze a coccodrillo.

Il tester è collgato alle spire di rame. Sulla destra sono visibili i magneti utilizzati per l'esperimento.

Dopo aver impostato il tester per misurare gli ampere presenti nel circuito (ho posizionato su 0,5 mA),  all’interno del tubo di plastica, avviciniamo/allontaniamo un magnete e osserviamo il tester.



Quello che notiamo è che l’ago del tester si sposta se avviciniamo/allontaniamo i magneti. Se i magneti sono fermi, l’ago del tester è fermo e non segnala presenza di corrente elettrica. La stessa cosa avviene se anziché avvicinare/allontanare il magnete, avvicino/allontano le spire. Quello che conta è il movimento relativo tra spire e magnete. 
Altra osservazione è che più il movimento è veloce, più si genera corrente elettrica. Quello che conta è la velocità con cui avviciniamo/allontaniamo il sistema spire/magneti.

Resta da spiegare perché si chiama LA LEGGE DELL’INDUZIONE DI FARADAY. Naturalmente LEGGE perché tutto questa scoperta sperimentale di Faraday/Henry si traduce in delle formule matematiche che qui non riporto. Questo argomento sarà poi studiato alle scuole superiori e all’università. INDUZIONE perché la f.e.m. che è presente nel circuito e che sposta le cariche elettriche negative (elettroni) è indotta. Indotta da movimento relativo spire/magneti. In questo circuito non è presente alcuna pila o altro comune generatore di f.e.m.

PER APPROFONDIRE.

Per capire meglio questa scoperta dobbiamo tornare un attimo indietro e spiegare che cos’è la f.e.m. e cosa la genera.

Immaginate una biglia di vetro che cade da uno scivolo. Una volta a terra, la biglia è in una posizione stabile e se vogliamo che continui a cadere c’è bisogno che qualcuno la riporti in alto sullo scivolo, poi scenderà di nuovo da sola a terra. Questo qualcuno deve compiere il lavoro di spostare la biglia da una posizione di basso potenziale gravitazionale (quando la biglia sta a terra è in posizione stabile, di basso potenziale gravitazionale) ad una posizione di alto potenziale gravitazionale (sullo scivolo, in posizione instabile). Il ciclo si ripeterà varie volte finché c’è qualcuno che compie questo lavoro, e trasforma una forma di energia in un’altra forma. La sorgente di questo lavoro siamo noi. Siamo noi che compiendo questo lavoro utilizziamo energia chimica per trasformarla, in energia potenziale, poi in energia cinetica (la biglia che cade). In definitiva si tratta di energia chimica (del nostro corpo) che viene trasformata in energia cinetica (la biglia che cade).

Nel caso di un circuito elettrico, chi compie il lavoro di portare le cariche elettriche negative (elettroni) da un punto di basso potenziale elettrico ad un punto di alto potenziale elettrico?

Se immaginate la biglia sia un elettrone e lo scivolo un circuito elettrico, allora, il lavoro necessario a riportare la biglia (l’elettrone) in alto è assimilabile alla “forza elettromotrice” abbreviata in  “f.e.m.”. La sorgente di questo lavoro, di questa “forza elettromotrice”, è un dispositivo, per esempio una batteria.

Esempi di f.e.m. con i quali si fanno esperimenti in classe sono:

-  celle/moduli fotovoltaici con voltaggio minimo di 2 V fino ad un massimo di 6 V;

-  la batteria da 4,5 V;

-  la batteria da 12 V (quella delle motociclette per intenderci).



Riassumendo. In un circuito elettrico deve esserci un dispositivo (sorgente della f.e.m., indicata dal simbolo e) capace di mantenere una differenza di potenziale elettrico tra due punti del circuito. Attenzione però a non farsi confondere dal nome, la forza elettromotrice, f.e.m., non è una forza nel senso di Newton e non si misura in N. L’unità di misura è il Volt = Joule/coulomb.     



Accorgimenti affinchè l’esperimento funzioni.

Il filo di rame deve essere filo rivestito di isolante. Si tratta di fili smaltati, isolanti. Apparentemente sono filo di rame ma non conducono.

Maggiore è il numero di spire che riuscite ad ottenere maggiore è la corrente osservata nel circuito.

Più forte è il magnete, il suo campo magnetico, maggiori sono i risultati ottenuti.