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mercoledì 23 aprile 2014

Commissione ICHESE e possibili sviluppi



Alcuni giorni fa si è parlato della commissione internazionale ICHESE (INTERNATIONAL COMMISSION ON HYDROCARBON EXPLORATION AND SEISMICITY IN THE EMILIA REGION) e del suo report utile a stabilire se i terremoti in Emilia-Romagna possano essere stati causati dalle attività estrattive nella zona della pianura Padana.
Ecco un articolo esemplificativo



Abbiamo pensato di fare un po’ di chiarezza o comunque di approfondire un po’ di più la questione.
Innanzitutto vi consigliamo vivamente leggere il report in inglese, o anche solo le conclusioni in italiano, presso questo link della Regione Emilia Romagna.

Proviamo a sintetizzare quanto stabilito dalla commissione internazionale ICHESE riportando i principali passaggi delle conclusioni (in corsivo).
La commissione aveva il compito di rispondere a due quesiti.
PRIMO QUESITO
E’ possibile che la crisi emiliana sia stata innescata dalle ricerche nel sito di Rivara, effettuate in tempi recenti, in particolare nel caso siano state effettuate delle indagini conoscitive invasive, quali perforazioni profonde, immissioni di fluidi, ecc.?
Dopo aver analizzato la documentazione fornita dalla Compagnia Independent Gas management e preso visione della dichiarazione del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), il quale ha certificato che non era stata concessa alcuna autorizzazione per attività minerarie e che non  risulta sia stata effettuata alcuna attività di esplorazione mineraria negli ultimi 30 anni, la Commissione ritiene che la risposta al primo quesito sia NO.
SECONDO QUESITO
E’ possibile che la crisi emiliana sia stata innescata da attività di sfruttamento o di utilizzo di reservoir, in tempi recenti e nelle immediate vicinanze della sequenza sismica del 2012?

Per la risposta al secondo quesito, dopo aver considerato le informazioni disponibili sia sull’attività sismica che sulle operazioni relative allo sfruttamento e allo stoccaggio nelle concessioni nell’area, la Commissione ha deciso, per le ragioni di seguito esposte,  di concentrare la sua attenzione sui campi più vicini all’ attività sismica del 2012, e cioè:
La concessione di coltivazione di Mirandola e Il campo geotermico di Casaglia.
La Commissione ritiene altamente improbabile che le attività di sfruttamento di idrocarburi a Mirandola e di fluidi geotermici a Casaglia possano aver prodotto una variazione di sforzo sufficiente a generare un evento sismico “indotto”. L’attuale stato delle conoscenze e l’interpretazione di tutte le informazioni raccolte ed elaborate non permettono di escludere, ma neanche di provare, la possibilità che le azioni inerenti lo sfruttamento di idrocarburi nella concessione di Mirandola possano aver contribuito a “innescare” l’attività sismica del 2012 in Emilia.
Lo studio effettuato non ha trovato evidenze che possano associare la sequenze sismica del maggio 2012 in Emilia alle attività operative svolte nei campi di Spilamberto, Recovato, Minerbio e Casaglia, mentre non può essere escluso che le attività effettuate nella Concessione di Mirandola abbiano avuto potuto contribuire a innescare la sequenza.

Arrivati fin qui, ognuno ha tratto le proprie considerazioni. Chi è a favore dell’attività di sfruttamento di idrocarburi avrà detto che la scienza non può provare una correlazione. Chi è contro, avrà detto che la scienza può provare una correlazione tra la Mirandola e la sequenza sismica emiliana.
 


Ma proviamo a capire meglio le implicazioni di questo studio.
La scienza ha le potenzialità di prevedere determinati fenomeni, una volta che siano stati confrontati causa ed effetto.
Proviamo per un attimo ad immaginare che esista una correlazione tra l’attività di sfruttamento di idrocarburi e alcuni terremoti. Prendiamo per buono che l’attività di sfruttamento di idrocarburi di Mirandola sia stata sufficiente ad innescare il terremoto emiliano del 2012 (anche se allo stato attuale non è possibile affermarlo, ma neanche negarlo). Cosa significa questo? Se fosse vero si potrebbe ripetere l’esperienza, ovvero trovare un sito (forse è meglio che sia disabitato...) ove si sia accumulato un certo stress tettonico, in attesa di esserere rilasciato, e aumentare l’attività di sfruttamento di idrocarburi, ovviamenteprendendo tutte le dovute precauzioni.
La correlazione si rivela vera? Allora avremo trovato il modo di innescare a piacimento un terremoto. Facciamo evacuare zone abitate, inneschiamo il terremoto e facciamo ritornare tutti a casa.
La correlazione non si rivela vera? Ci siamo risolti il dubbio.

Vi lasciamo con la terminologia di terremoti indotti o terremoti innescati come la si legge dal rapporto ICHESE. E alcuni link utili.

Terremoti indotti, nei quali uno sforzo esterno, prodotto dalle attività antropiche, è  sufficientemente grande da produrre un evento sismico in una regione che non era necessariamente sottoposta a un campo di sforzi tale da poter generare un terremoto in un futuro ragionevolmente prossimo (in senso geologico). Cadono in questa categoria i terremoti prodotti da procedimenti di stimolazione termica o idraulica di una roccia, quali la Fratturazione Idraulica (Fracking) e gli Enhanced Geothermal Fields.

Terremoti innescati, per i quali una piccola perturbazione generata dall’attività umana è sufficiente a spostare il sistema da uno stato quasi-critico ad uno stato instabile. L’evento sismico sarebbe comunque avvenuto prima o poi, ma probabilmente in tempi successivi e non precisabili. In altre parole, il terremoto è stato anticipato. In questo caso lo sforzo perturbante “aggiunto” è spesso molto piccolo in confronto allo sforzo tettonico pre-esistente. La condizione necessaria perché questo meccanismo si attivi è la presenza di una faglia già carica per uno sforzo tettonico, vicina ad un sito dove avvengono azioni antropiche che alterano lo stato di sforzo, dove vicina può voler dire anche decine di kilometri di distanza a seconda della durata e della natura dell’azione perturbante. In alcuni casi queste alterazioni possono provocare l’attivazione della faglia già carica. E’ importante ricordare che, poiché in questo caso le operazioni tecnologiche attivano solamente il processo di rilascio dello sforzo tettonico, la magnitudo dei terremoti innescati può essere grande, dello stesso ordine di quella dei terremoti tettonici, e dipenderà dall’entità della deformazione elastica accumulata sulla faglia a causa del carico tettonico.

http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/titoli/mappa.asp?cod=915




Tanto per parlare di gas. N. 3



A proposito di sfruttamento del sottosuolo per la ricerca di idrocarburi segnaliamo un convegno che si terrà nei prossimi giorni a Brescia dal titolo “Ricerca di idrocarburi e gestione del gas metano in Pianura Padana: aspetti di rischio sismico e criticità energetiche e amministrative.

Alleghiamo il programma della giornata. 


Quale migliore occasione per gli amministratori locali per farsi un’idea dello stato delle conoscenze scientifiche attuali in materia di rischio sismico e sfruttamento di idrocarburi?
Per quanto riguarda il nostro territorio avevamo parlato, già nel 2012, di reservoir di gas nel sottosuolo della pianura alluvionale del Fiume Tronto.

martedì 22 aprile 2014

Centro Di Ricerca Scuola Blu & Super J. TV

Nel video che vi proponiamo potrete ascoltare un'intervista al geologo Giovanni Marrone, nostro direttore, in cui aggiorna sui lavori del Centro di Ricerca Scuola Blu riguardanti lo stato idrogeologico del Torrente Vibrata e del Fiume Tronto. 


Nel seguente link, invece, le tematiche sono state approfondite ed ampliate in uno speciale televisivo di 1h:15min trasmesso l'11 Aprile dalla rete televisiva Super J. Alla trasmissione sono intervenuti anche il Dott. Geologo Alessandro Venieri e il Dott. Luca Di Carlantonio, ai quali studi collaboriamo già da tempo.

venerdì 18 aprile 2014

VORAGINI IN ITALIA. I SINKHOLES E LE CAVITÀ SOTTERRANEE

Segnaliamo un interessante convegno organizzato dal Servizio Geologico d’Italia dell’ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - che si terrà a Roma  il prossimo 8 maggio 2014.
Il tema dell’incontro è “VORAGINI IN ITALIA. I SINKHOLES E LE CAVITÀ SOTTERRANEE: RICERCA STORICA METODI DI STUDIO E D’INTERVENTO.”
Alleghiamo la locandina dell’evento.


giovedì 17 aprile 2014

Argini fiume Tronto al 17.04.2014



Documentiamo fotograficamente lo stato degli argini del Fiume Tronto nel tratto che va dal nuovo ponte della Strada Statale 16 fino al depuratore di San Benedetto del Tronto.
Il tratto di fiume fotografato è rilevante per gli interessi economici di: due regioni (Abruzzo e Marche); due Province (Teramo e Ascoli Piceno); due Comuni (Martinsicuro e San Benedetto del Tronto); e infine ma non per minore importanza è di interesse nazionale per la linea ferroviaria adriatica.
Le fotografie risalgono ad un sopralluogo del 17.04.2014.

Fotografia scattata dal nuovo ponte sulla SS16 verso foce. Vista dell'erosione sulla sponda destra del Fiume Tronto in Comune di Martinsicuro.
Come foto precedente. Altro punto di vista.
Vista dell'erosione sulla sponda destra del Fiume Tronto in Comune di Martinsicuro. Fotografia scattata dall'argine sinistro (Porto d'Ascoli) verso l'argine destro.
Vista dell'erosione della sponda del Fiume Tronto in Comune di Martinsicuro. Fotografia scattata dal nuovo ponte ferroviario verso il ponte sulla SS16.
Fotografia scattata dal bordo della ferrovia adriatica verso il nuovo argine realizzato in sponda destra (idrografica) del fiume Tronto in Comune di Martinsicuro. Dalla foto si osserva la forte erosione dell'argine che mette in pericolo l'abitato nord di Martinsicuro in caso di prossima piena.
Fotografia scattata dal bordo della ferrovia adriatica verso il depuratore di Porto d'Ascoli. Dalla foto si osserva la forte erosione dell'argine in sinistra idrografica in Comune di San Benedetto del Tronto. L'erosione è concentrata negli argini antistanti il depuratore.
Come immagine precedente. Particolare dell'argine eroso.

Fotografia scattata dall'argine sinistro (in Comune di San Benedetto del Tronto) verso l'argine destro in Comune di Martinsicuro. Vista del monolite di recente realizzazione e stato di erosione dell'argine posto nelle immediate vicinanze. 
Come fotografia precedente. Zoom dell'area in erosione.
Vista del monolite di recente realizzazione. Sullo sfondo l'argine in terra appena realizzato e in stato di erosione che mette a rischio l'abitato settentrionale di Martinsicuro.
Come immagine precedente.
 

mercoledì 16 aprile 2014

“Anidriti di Burano” + la provincia di Teramo, II


Dove si trovano le “Anidriti di Burano” in Italia?
Queste rocce in Italia affiorano in Toscana, in Emilia Romagna ed in Umbria. Qui sotto riportiamo un’immagine della Carta Geologica d’Italia al 100.000, Foglio 122 PERUGIA, dove affiorano proprio a pochi km dalla città di Perugia. Le “Anidriti di Burano” sono in questo caso nominate come “CALCARE CAVERNOSO” e riportate in colore viola.

Carta Geologica d'Italia al 100.000 - Foglio 122 PERUGIA.

Legenda di interesse.

Inoltre dalla prospezione del sottosuolo per la ricerca di idrocarburi le “Anidriti di Burano” sono state rinvenute nelle Marche, nel Lazio ed in Puglia. Sotto riportiamo un’immagine della Carta Geologica d’Italia al 100.000, Foglio 157 MONTE S. ANGELO, dove non affiorano ma sono state rinvenute in un sondaggio profondo per la per la ricerca di idrocarburi.

Carta Geologica d'Italia al 100.000 - Foglio 157 MONTE S. ANGELO.

Legenda di interesse.

Sezione geologica di interesse.

martedì 15 aprile 2014

“Anidriti di Burano” + la provincia di Teramo, I

“Anidriti di Burano” è il nome di una formazione geologica - unità base della litostratigrafia - molto particolare che spesso desta in chi vi si imbatte una forte curiosità. Si tratta di rocce molto antiche, formatesi nel Triassico superiore intorno a 200-230 milioni di anni fa (per l’esattezza nel Carnico-Retico inferiore, 228÷203.6 milioni di anni fa).
In questo post parleremo delle principali caratteristiche e della loro possibile collocazione nella provincia di Teramo.
Prima di iniziare è meglio però ricordare alcune definizioni utili alla lettura del post.
Innanzitutto il minerale ANIDRITE o GESSO ANIDRO: è un minerale  che deriva dal minerale del gesso per perdita di due molecole di acqua. Il minerale del gesso si forma per precipitazione chimica in seguito ad una forte evaporazione di acqua salata/salmastra. In questo caso sia per il gesso sia per il gesso anidro si parla di minerali evaporitici.
Le rocce che contengono il minerale ANIDRITE si dicono anch’esse anidriti. Idem per le rocce che contengono il minerale gesso si dicono a loro volta gessi.  
Ecco una forma cristallina del minerale ANIDRITE:



Ed ecco due piccole porzioni di roccia di anidrite:

Dette queste brevi definizioni, ecco che possiamo passare alle “Anidriti di Burano”.
Cosa sono?
La formazione geologica delle “Anidriti di Burano” è costituita da un’alternanza di strati di anidriti, dolomie e dolomie calcaree per uno spessore variabile compreso tra qualche centinaia di metri fino a circa 1700÷1800 metri. In minor misura sono presenti anche strati di calcari, calcari dolomitici, marne, argilliti, argilloscisti e salgemma. La formazione presenta strati di spessore variabile da pochi centimetri a qualche metro.

In pratica si tratta di strati di rocce che si alternano tra loro. Gli strati possono essere sottili alcuni centimetri o spessi qualche metro. Le rocce prevalenti sono anidriti, dolomie e dolomie calcaree. Lo spessore è variabile da area ad area.

Dove si sono formate le “Anidriti di Burano”? E cosa rappresentano?
Per risalire all’ambiente di formazione delle “Anidriti di Burano” è necessario capire come avviene la trasformazione dei minerali di gesso in minerali di gesso anidro.
Abbiamo indicato già che la trasformazione del gesso in anidrite avviene per perdita di molecole di acqua per cui l’ambiente di formazione è un ambiente dal clima arido, torrido.
In questo ambiente strati di gessi si trasformano in strati di anidriti; strati di rocce calcaree preesistenti si trasformano in strati di rocce dolomie; e si depositano strati di salgemma. Si tratta quindi di ambienti terrestri molto caldi, prossimi a zone marine con accentuata salinità per evaporazione. In queste condizioni si formano minerali di gesso che si trasformano in gesso anidro (anidriti), e minerali di salgemma.
Un ambiente di transizione tra mare e deserto, con clima arido, forte evaporazione delle acque salate e salmastre.

Le “Anidriti di Burano” si riconducono ad un ambiente terrestre arido prossimo a zone marine a forte salinità: un ambiente come l’attuale sabkha

sabato 12 aprile 2014

Radon in Martinsicuro

Il radon è un elemento chimico naturale che a temperatura ambiente si presenta allo stato gassoso. Il suo simbolo è Rn e il numero atomico è 86. 86 protoni ed 86 elettroni per atomo di radon. L’isotopo relativamente più stabile è il Rn222 (136 neutroni + 86 elettroni/86 protoni).
Il RADON deriva dal Radio che deriva a sua volta dall’Uranio.
In pratica, l’URANO decade in => RADIO che decade in => RADON
Si tratta di un gas molto pesante, instabile, che ha un tempo di dimezzamento di 3.8 giorni. Generalmente si rileva nei piani bassi delle abitazioni ed è pericoloso per la salute umana.
Ecco cosa dice wikipedia riguardo i limiti massimi di concentrazione.


Si stima in Italia che provoca la morte di 3.000 persone/anno per via di effetti nocivi ai polmoni (lo 0,00005% della popolazione).
Quanto RADON a Martinsicuro?
A vigilare sulla salute delle persone in Abruzzo c’è l’ARTA Abruzzo, l’Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente in Abruzzo.  

L’ultimo documento disponibile in materia di rilevamento del RADON è del 2012. Quanto RADON a Martinsicuro? Ecco una mappa dell’Abruzzo.

http://cartografia.artaabruzzo.it/radonaprile2012/Default.aspx


Dalla mappa si ricava che i comuni in rosso/arancione acceso sono quelli dove il valore medio misurato è superiore a 150 Bq/mc. In sostanza questa mappa ci fornisce i valori medi misurati nel corso del 2012 da parte dell’ARTA Abruzzo da cui si ricavano i territori comunali dove si vive meglio al pian terreno e/o negli scantinati. I comuni di colore verde chiaro - tra questi c’è Martinsicuro o Tortoreto, ecc. - sono i più sicuri se rapportati agli altri comuni abruzzesi. Nei comuni con colore verde scuro, arancione ed arancione acceso è preferibile vivere ai piani alti.
Ecco uno zoom su Martinsicuro.


Martinsicuro presenta, nel 2012, valori medi di 37,9 Bq/mc su un limite di 200 Bq/mc per nuove abitazione, 400 Bq/mc per vecchie abitazioni, 500 Bq/mc per ambienti lavorativi. Il numero di misure effettuate nel 2012 nel territorio di Martinsicuro è di 17.

martedì 8 aprile 2014

Workshop di Architettura a Martinsicuro



Lo scorso 4 aprile abbiamo partecipato ad un workshop incentrato sulle problematiche che investono la zona portuale. L'iniziativa è stata promossa dall’Amministrazione Comunale di Martinsicuro in collaborazione con la Facoltà di Architettura dell'Università di Ascoli Piceno, e con il professor Marco D'Annuntiis.

Workshop di architettura a Martinsiucuro.
 
Elenchiamo a riguardo una serie di post da noi realizzati negli anni passati, sperando possano essere utili al lavoro degli studenti di architettura. Naturalmente il punto di vista è quello di un geologo.


Argomenti trattati: direzioni di trasporto solido sottile e sabbioso;

Argomenti trattati: confronto della linea di spiaggia in prossimità della foce del fiume Tronto tra il 1920 e il 2010;

Argomenti trattati: confronto della linea di spiaggia in prossimità della foce del fiume Tronto tra il 1920 e il 1945;

Argomenti trattati: stima trasporto solido al fondo dei fiumi;

Argomenti trattati: foce del fiume Tronto nel 1920;

Argomenti trattati: confronto della linea di spiaggia in prossimità della foce del fiume Tronto tra il 1945 e il 2010;

Argomenti trattati: sintesi tesi di laurea quinquennale in geologia sull’erosione costiera di Martinsicuro e dintorni; tesi del collega Dott. Stefano Massi;

venerdì 4 aprile 2014

Aree fossilifere a Martinsicuro e Colonnella

Da alcuni anni portiamo avanti progetti di educazione ambientale con le scuole della provincia di Teramo ed oltre. Tra questi progetti uno in particolare prevede delle escursioni in spiaggia e in collina nel territorio di Martinsicuro e di Colonnella.
I bambini delle scuole elementari restano affascinati quando dopo essere stati in spiaggia andiamo in collina a trovare le conchiglie. Avete letto bene, in collina a raccogliere le conchiglie di un tempo.
Generalmente ci rechiamo in un posto detto “Civita di Colonnella”.
Alcune settimane fa però abbiamo scoperto un ulteriore sito dove si trovano questi fossili.

Immagine satellitare GoogleEarth. Vista di Martinsicuro e delle due località collinari dette "Civita" e "Colle San Martino". In rosso sono segnalati le aree fossilifere.

In questo post documentiamo fotograficamente quanto rilevato perché il sito è difficilmente accessibile. Indichiamo soltanto che si trova in collina al confine tra i comuni di Martinsicuro e Colonnella ad un quota sul livello del mare di circa 135-140 metri.

Casualmente, come spesso accade, lungo il versante collinare in questione si è creato un canale dove scorrono le acque piovane. Proprio queste acque hanno eroso il terreno e messo a nudo una piccola porzione di uno strato di conchiglie antiche.

Canale di erosione ad opera delle acque piovane. I ciottoli arrotondati sono di arenaria e provengo da monte dove affiorano i conglomerati marini.

Quello che si vede chiaramente è uno strato di conchiglie. Alcune ben conservate ma la maggior parte sono frammenti. Si tratta di uno strato di conchiglie che molto probabilmente è stato generato da un evento di mareggiata. La mareggiata ha ricacciato sulla spiaggia (battigia?) tutte le conchiglie depositate sul fondo del mare perché i molluschi erano ormai morti o avevano cambiano guscio.

E’ un po’ quello che osserviamo oggi dopo una violenta mareggiata. Dopo una mareggiata il mare si ritira e lascia sulla spiaggia mucchi di conchiglie, pesci, tronchi, ecc. Dopo, le onde del mare rielaborano il tutto e stratificano gli oggetti simili per peso e/o forma. Quello che rimane è uno strato compatto costituito da conchiglie dell’epoca.

Siccome ci troviamo su terreni formatesi nel CALABRIANO ovvero tra 1,806 e 0,781 milioni di anni fa, lo strato risale a quel periodo e le conchiglie idem. Abbiamo quindi a che fare con fossili di qualche centinaia di migliaia di anni fa.

Strato di conchiglie fossili.

Particolare 1.