Tra gli strumenti
finanziari discussi in ambito europeo e ormai più plausibili di essere
approvati dal parlamento europeo c’è questo European
Redemption Fund ovvero un fondo
europeo di riscatto del debito pubblico eccedente il 60% del rapporto
debito_pubblico/PIL.
Si tratta in
sostanza di questo:
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prima di arrivare ad emettere bond comuni europei (debito
comune garantito da tutti i cittadini europei attraverso le tasse) i paesi più
virtuosi, tra cui spicca la
Germania, vogliono che i paesi più “viziosi” come l’Italia,
che hanno una situazione debitoria molto avanzata (eufemismo per dire “stiamo
inguaiati”), mettano a posto i conti; dopo di che si partirà con bond comuni,
debito comune come per gli Stati Uniti d’America;
- il fiscal compact approvato di recente prevede il pareggio
di bilancio (no deficit) e la tendenza a ridurre il debito pubblico sino a ridurre
il rapporto debito_pubblico/PIL al 60%;
- attualmente il nostro rapporto debito_pubblico/PIL è del
123%. Il debito pubblico è, oggi, 1968 miliardi di euro mentre il PIL è circa
1600 miliardi di euro; dal rapporto 1968 miliardi di euro / 1600 miliardi di
euro = 1,23 ovvero in %, 123%;
-
tutti i paesi “viziosi” dell’area euro possono ri-finanziarsi,
per la parte eccedente il 60% del rapporto debito_pubblico/PIL al tasso del 2%
circa (anziché al tasso del 5% o 7% attuali, ed evitare in extremis che un’asta di titoli pubblici possa andare deserta - domanda
nulla di BTP- se i tassi dovessero superare il 7-8%) mettendo una serie di
garanzie come possono essere le riserve auree o gli immobili o altre attività. Nel
caso italiano, il fondo verrà pagato dagli italiani anno dopo anno tramite le
tasse. Questo meccanismo è orientato a ridurre entro 20-25 anni il rapporto debito_pubblico/PIL
al valore di 60%. I cittadini di ogni singolo stato dovranno pagarsi la loro
quota di debito eccedente il 60% del rapporto debito_pubblico/PIL. Questi paesi
sono:Italia, Belgio, Germania, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Portogallo ...
Sugli European Redemption Fund, in rete c’è un breve smart-video … |
Come dire: facciamo un cambio di passo, mettiamo mano al debito
pubblico fino a ridurlo drasticamente. A mano a mano che ci alleggeriamo del
debito pubblico, pagheremo meno interessi e si libereranno risorse finanziarie
per la crescita del PIL;
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si tratta di un patto europeo tra noi e le generazioni
future . Da chi sarà pagato?
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un po’ da tutti. Poi ogni governo nazionale decide come
meglio fare. Intanto in sede UE si stanno discutendo anche alcune proposte sul
come ripagarlo, anno dopo anno, il fondo. Alcuni governi infatti non riescono
da soli ad intervenire (è il caso della Grecia, del Portogallo e dell’Irlanda
fino ad ora). Una delle proposte è quella di caricare maggiormente
il peso (più tasse) su i più possidenti: più patrimonio hai, più contribuisci. Potrebbe
funzionare così: tutti quelli che possiedono un patrimonio superiore a 250.000
euro circa pagheranno annualmente una tassa per saldare il fondo, fino ad
esaurirlo.
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se passasse questo meccanismo, la pressione fiscale si
sposterebbe verso i patrimoni come ad esempio sta succedendo ora in Italia per
l’IMU. Come dire: chi più possiede patrimonio, più paga. Questo è il meccanismo
europeo;
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quindi se i governi dei vari paesi non saranno in grado di
imporre una loro tassazione, questa proposta potrebbe essere una di quelle
plausibili ed attuabili dal FMI/BCE/UE (dicasi anche troica);
Ricapitolando:
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alcuni paesi europei tra cui l’Italia devono rispettare il
pareggio di bilancio cioè niente più deficit; se ho in cassa 1600 miliardi/anno
(il PIL italiano) posso spendere al massimo 1600 miliardi/anno; non un euro di
più;
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nei prossimi 20-25 anni i paesi che hanno un rapporto debito_pubblico/PIL
superiore al 60% devono ridurlo al 60%;
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l’Italia ha un rapporto debito_pubblico/PIL pari a 123%;
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questo significa che: o aumenta la produzione (il PIL) o
riduce il debito pubblico o entrambi;
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siccome l’Italia non cresce da decenni, e non si
intravedono risorse finanziarie in quantitativi utili ed indirizzati in maniera
tale da favorire una crescita solida, resta la soluzione di ridurre il debito
pubblico;
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tra l’altro alcuni studi indicano che un paese non cresce
più se il rapporto debito_pubblico/PIL è uguale o superiore al 90%; in Italia
ne sappiamo qualcosa dato che paghiamo
annualmente 80 miliardi di interessi
sul debito pubblico; diciamo che liberare la metà degli 80 miliardi di interessi
significherebbe avere ogni anno 40 miliardi da investire sulla crescita;
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dato che paesi come l’Italia si impegnano a ridurre il
debito pubblico fino al rapporto debito_pubblico/PIL pari al 60%, essi possono
ri-finanziare la parte eccedente il 60% di questo rapporto a tassi vantaggiosi
di circa 2% attraverso il fondo European
Redemption Fund che si finanzierà poi sui mercati internazionali;
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per l’Italia significa accantonare circa 1000 miliardi di
euro + interessi del 2% in 20-25 anni;
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se aderissimo al fondo European
Redemption Fund, niente più problemi di spread ma in cambio, andrebbero
accantonati circa 50 miliardi di tasse/anno per il fondo che si aggiungono agli
80 miliardi/anno di interessi prima indicati;
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questo fondo eviterà che i sacrifici che i paesi europei
stanno compiendo (nel nostro caso vedi riforma delle pensioni, blocco
assunzioni nel pubblico, tagli servizi pubblici, aumento di IVA, IMU,
accorpamento delle provincie in corso …) siano annullati dall’aumento del tasso
di interesse sui titoli di stato (spread BUND-BTP10anni);
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e’ un progetto ambizioso, lungo, difficile; tanto da far rievocare
la leggendaria frase di Alcide De Gasperi ...
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il principale problema italiano sta nel fatto che molte piccole
aziende, artigiani, commercianti e professionisti (partite IVA) sono rivolti al
mercato interno e non quello internazionale; questo settore soffrirà molto
rispetto al settore che esporta perché 20-25 anni di riduzione del debito pubblico
se controllato bene, pesano (significa riduzione dei consumi, minore import, disoccupazione; mentre
chi esporta oggi continua a farlo domani), ma se controllato male è una botta.
Tanto per intenderci, o ci si concentra sulle sacche di privilegi, sprechi,
come le miriadi di enti pubblici che costano in termini diretti (stipendi lussuosi
per il cda, dirigenti, consulenze esterne) e costano indirettamente (per la
lentezza e burocrazia che ci offrono in cambio) e sulla vendita di beni
pubblici poco fruttuosi (non svendita di settori strategici), e
sull’ammodernamento della pubblica amministrazione con introduzione massiva di IT.
In alternativa è una botta;
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questo ci fa capire che esistono POTENZIALMENTE sul
mercato interno molte attività che tifano per l’uscita dell’Italia dall’euro e
il ritorno alla lira. Nelle prossime elezioni, i politici che proporranno
soluzioni “facili” e/o il ritorno alla lira potrebbero essere abbondantemente
appoggiati da questi settori;
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si sta giocando in Italia una partita tra adesione all’UE,
ad un progetto di lungo termine (> 20-25 anni) o uscita dall’UE (dalla
moneta euro) che potrebbe sintetizzarsi anche in un sostanziale scontro tra chi
tira a cambiare la società italiana rapidamente nel minor tempo possibile e chi
tira a farla restare tale e quale o a rallentare il cambiamento più che può.